ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Federico, un uomo contemporaneo

«Ragazzi, ricordate: uno spazio alla cultura va sempre ricavato anche tra i tanti impegni politici e militari»

Mi trovo al palazzo ducale di Federico da Montefeltro a Gubbio, nell’attesa di essere ricevuto dal Duca, per fargli un’intervista… Buongiorno, sono molto emozionato di parlare con lei, per me è un onore che mi abbia ricevuto.

«Buongiorno a lei, messere. Sono molto felice di averla al mio cospetto… Mi dica tutto».

Come mai ha voluto replicare qui uno studiolo simile a quello del palazzo di Urbino? «A dire la verità, questa è la stanza che preferisco, qui vengo per studiare e meditare. E’ un piccolo spazio, ricco di decorazioni, rivestito di pannelli di legno intarsiati ad illusione ottica, realizzati da eccellenti maestri fiorentini nella lavorazione del legno, e di dipinti, inoltre gli oggetti raffiguranti negli intarsi sono simboli per riflettere e per guidare verso la conoscenza. E’ un luogo che affascina molto».

Cosa rappresenta lo struzzo, alle cui spalle c’è un motto in tedesco antico che dice “Io posso ingoiare un grosso ferro”? «Era un monito ai nemici e significava “attenzione avete a che fare con un osso duro” , simbolo quindi di tenacia ma anche di forza». Continuo poi chiedendogli delle numerose onorificenze ricevute, raffigurate qui nel suo studiolo. Federico, con un sorriso compiaciuto, mi racconta dell’onorificenza che, l’aveva maggiormente reso fiero, quella dell’ordine della giarrettiera, riprodotta sugli architravi delle porte delle sue stanze private e in alcuni suoi ritratti. L’ordine era tra i più antichi d’Inghilterra e l’onorificenza gli era stata concessa dal re Edoardo IV nel 1474, in una solenne cerimonia a Grottaferrata vicino Roma alla presenza del re di Napoli, per aver difeso gli interessi del papa e degli inglesi, infatti solo eccezionalmente viene dato a cavalieri stranieri ed impone obblighi morali sociali e militari legati ai più alti valori della cavalleria. Proseguo ricordandogli l’onorificenza assegnatagli dal re di Napoli Ferdinando d’Aragona quella del collare dell’Ermellino, nel suo studiolo sovrastato da un cartiglio con il motto “Non mai” simbolo di purezza, in quanto si credeva che l’ermellino preferisse morire piuttosto che vedere sporcato il suo mantello. Federico tenne a sottolineare che, il motto lo aveva aggiunto per rivendicare la sua innocenza rispetto alla congiura che aveva portato all’uccisione del fratellastro Oddantonio.

Quale il messaggio per le nuove generazioni che, un giorno visiteranno il suo studiolo? «uno spazio alla cultura va sempre ricavato anche tra i tanti impegni politici e militari».

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