Mangia come parli e saprò chi sei
Occhio a non perdere i veri sapori del nostro territorio, un valore immenso che sconfigge l’omologazione
Ogni anno si perdono ricette tipiche che rappresentano pezzi di storia di un territorio. Ci stiamo tutti omologando anche nelle abitudini alimentari. Fenomeni come Glovo allontanano sempre di più le persone dalla cucina intesa come momento di valorizzazione di alimenti scelti con cura nei negozi del territorio. Un altro fattore che rischia nei prossimi anni di contribuire alla perdita di prodotti tipici è il “nutriscore”. Inventato in Francia e adottato per ora da poche nazioni dell’UE, il nutriscore è un indicatore per valutare la qualità del cibo in base a parametri pensati dai nutrizionisti per tutelare la salute, contando quanti zuccheri, grassi e sale, considerati elementi nocivi, contiene un determinato alimento, o quante vitamine, proteine e fibre, considerati sani. Si tratta di un’etichetta colorata che classifica dalla “A” alla “E” i cibi. Parmigiano, olio e prosciutto sono stati valutati con la lettera “D”: ci si chiede quindi come siano costruite queste valutazioni. Dall’anno prossimo il nutriscore potrebbe essere obbligatorio in tutta la UE. Questo mette in pericolo il lavoro di molti contadini o allevatori, che fanno prodotti come il pecorino, dove aggiungono il sale, che incide negativamente sul punteggio dei cibi, quando invece è molto più sano di quanto possa esserlo un formaggio valutato “A” ma creato industrialmente da una multinazionale. Il problema non è tanto il contenuto di un alimento, ma l’uso che se ne fa. E poi si sa: una mela al giorno leva il medico di torno! A proposito: sapevate che oggi le varietà di mele sono centinaia, ma un secolo fa erano molte di più? Nei supermercati però ne troviamo fra le 5 e le 6 qualità: questo ci fa capire quanto la ricchezza della biodiversità sia sottovalutata o addirittura ignorata. Ciò non vale solo per le mele: rinunciare, cancellandolo, a un prodotto tipico di un determinato territorio significa cancellare una pagina della sua storia. Questo, purtroppo, non vale solo per le piante da frutto o per certi cibi: anche per feste, tradizioni o mestieri è forte il rischio di estinzione, come accade per gli animali. Fino a prima del covid erano molto diffuse le sagre dedicate ai cibi dei vari territori, che rappresentavano momenti importantissimi per far conoscere i prodotti più particolari e meno diffusi, ma anche i mestieri di una volta. Un esempio di salvaguardia delle sagre e delle feste dedicate alla tipicità era in Garfagnana il progetto “Banca dell’identità e della memoria”: grazie a un calendario concordato, sagre, feste e iniziative gastronomiche erano organizzate in maniera coordinata per valorizzare al massimo tutti gli eventi. L’ultima edizione di questo calendario è del 2019. Un vero peccato!